sabato 12 novembre 2011

La Terra dallo spazio


Questa spettacolare immagine del nostro pianeta è la più dettagliata che abbiamo dell'intera superficie in colori originali.

Utilizzando una collezione di immagini ottenuti da varie osservazioni satellitari, i ricercatori e un gruppo di tecnici di visualizzazioni di immagini hanno collaborato insieme nello studio e osservazione delle terre emerse, degli oceani, dei ghiacci marini e delle nubi per ricavare un mosaico di immagini di ogni chilometro quadrato di superficie terrestre.
Molte delle informazioni contenute in questa foto sono state ricavate dal Moderate Resolution Imaging Spectroradiometer (MODIS) della NASA a bordo del satellite Terra.

L'immagine è stata ottenuta il 2 agosto 2002.

Image and caption adapted from NASA's Visible Earth catalog. Credit: NASA Goddard Space Flight Centerl Image by Reto Stöckli (land surface, shallow water, clouds). Enhancements by Robert Simmon (ocean color, compositing, 3D globes, animation). Data and technical support: MODIS Land Group; MODIS Science Data Support Team; MODIS Atmosphere Group; MODIS Ocean Group. Additional data: USGS EROS data Center (topography); USGS Terrestrial Remote Sensing Flagstaff Field Center (Antarctica); Defense Meteorological Satellite Program (city lights).

Fonte: Climate Change- NASA: http://climate.nasa.gov/imagesVideo/earthWallpaper/index.cfm

Sabrina

Un nuovo iceberg in formazione su Pine Island


Immagine dal Landsat, gennaio 2001. Credit: NASA.


In Artartide, dal Ghiacciaio di Pine Island sta per staccarsi un gigantesco blocco di ghiaccio. Al momento questo blocco misura trenta chilometri di lunghezza e ha una profondità di cinquanta metri. Ogni giorno la frattura del ghiacciaio si allarga di circa due metri.

Ice Bridge è il nome della missione della NASA che fotografa i ghiacci dell'Antartide. Durante queste spedizioni è stato possibile osservare un'enorme frattura nella piattaforma del Pine Island Glacier lunga 18 chilometri che si sta allargando con un ritmo di circa due metri al giorno.

La frattura con una profondità di circa 50 metri, potrebbe far nascere un iceberg di 880 chilometri quadrati, dimensioni ragguardevoli che sono pari alle dimensioni di una città grande come quella di New York. Grazie alla missione Ice Bridge sarà possibile seguire il fenomeno del distacco.

Il fenomeno, secondo gli studi compiuti, non dipende dal riscaldamento globale ma avviene per motivi naturali. La fenditura è stata osservata per la prima volta alla fine di settembre 2011, quando i ricercatori della NASA stavano sorvolando con un aereo i ghiacci antartici per osservarne i cambiamenti. L'iceberg dovrebbe formarsi completamente entro l'inizio del 2012.

Iceberg di queste dimensioni si formano in modo periodico in Antartide. L'ultimo iceberg che si è staccato da Pine Island è stato nel 2001.

Fonti: Earth Observatory: http://earthobservatory.nasa.gov/IOTD/view.php?id=1300

NASA: http://pigiceshelf.nasa.gov/

TG1: http://www.tg1.rai.it/dl/tg1/2010/articoli/ContentItem-be7b9b92-22b2-4b43-acc5-5b642e9676cc.html?p=0&refresh_ce

Sabrina

venerdì 11 novembre 2011

Il Sole dalla Stazione Spaziale


La bellezza di un sole sull'orizzonte e dell'atmosfera terrestre. La foto è stata presa dall'equipaggio della spedizione 15 a bordo della Stazione Spaziale Internazionale (ISS) il 3 giugno 2007.
Credit: Image and caption courtesy of NASA Goddard Photo and Video photostream. Credit: NASA.

Disponibile su: Climate Change - NASA: http://climate.nasa.gov/imagesVideo/earthWallpaper/index.cfm

Sabrina

mercoledì 2 novembre 2011

Le nubi nottilucenti

Nubi nottilucenti a Venezia - Credit: Mautizio Estri, 2006.

di Umberto Genovese

Alle latitudini più elevate, di solito sopra i 50° [1], nei mesi estivi capita di osservare nel cielo un tipo molto particolare di nubi chiamate nottilucenti (in inglese Noctilucent Clouds o NLC, oppure Polar Stratospheric Clouds o PSC), chiamate così perchè paiono risplendere quasi di luce propria contro il fondo più scuro del cielo.

In realtà non è così, sono particolari e rare formazioni nuvolose che si formano nella mesosfera (la parte più alta della stratosfera), a 50-70 chilometri di quota – mentre di solito le nubi più alte non superano i 12 km di quota (troposfera) – illuminate dal Sole sotto l’orizzonte tra il crepuscolo civile [2] e il crepuscolo astronomico [3], ovvero tra 24 minuti a 72 minuti prima – o dopo – che il Sole sorga – o tramonti.



Credit: Il Poliedrico.

Le NLC furono notate la prima volta nel 1885, dopo l’esplosione del vulcano Krakatoa, avvenuta nel 1883 in Indonesia. Questo evento portò a ipotizzare che queste nubi fossero causate dal residuo di polveri vulcaniche nell’alta atmosfera, e che meccanismi simili, come ad esempio polveri meteoriche, potessero alimentarle.

Purtoppo è estremamente difficile analizzare queste nubi: sono troppo alte per i palloni sonda e troppo basse per i satelliti. Solo le sonde a razzo possono analizzarle per pochi secondi, insufficienti per qualsiasi tipo di analisi approfondito e continuativo.

Adesso sappiamo però che sono minuscoli granuli di ghiaccio che probabilmente si aggregano attorno al pulviscolo metorico o vulcanico che funge da seme di crescita per i cristalli.

Le recenti eruzioni vulcaniche del 2010 in Islanda e in Kamchatka hanno certamente contribuito al pulviscolo vulcanico nella mesosfera, il problema però che non è di facile soluzione è il meccanismo che trasporta l’acqua (o meglio vapore acqueo) in quella fascia atmosferica che è orribilmente secca.

Il ruolo dell’acqua

Il ciclo del vapore acqueo nella mesosfera è estremamente importante quanto per ora quasi sconosciuto.
Infatti se l’acqua sulla superficie del pianeta è necessaria per la vita, nella mesosfera distrugge lo strato di ozono che ci ripara dalla radiazione ultravioletta del Sole [4].



L'atmosfera terrestre. Credit: Wikipedia.

Uno dei principali responsabili del meccanismo di produzione dell’acqua stratosferica pare essere il metano, considerato da molti politici e scienziati come il più pulito dei combustibili naturali – volutamente dimenticando di menzionare che è un potente gas serra naturale 72 volte più potente dell’anidride carbonica, che viene trasportato dalle correnti d’aria oltre la stratosfera e scisso nei suoi componenti atomici dalla radiazione ultravioletta del Sole [5].

I prodotti della scissione del metano distruggono le molecole di ozono per produrre molecole d’acqua, che poi si manifesta formando le nubi mesosferiche polari.

In pratica, la fotolisi del metano (CH4) produce metile (CH3) e idrogeno atomico (H). L’ozono invece si produce attraverso l’assorbimento della radiazione solare ultravioletta da parte delle molecole di ossigeno che si scompongono e ricompongono continuamente, ma l’ossigeno atomico anziché ricombinarsi con quello molecolare per riformare l’ozono, si lega con l’idrogeno formando ossidrile (O + H -> OH) e in seguito acqua (H + OH -> H2O).
Il feedback positivo innescato dai radicali liberi prodotti dalla fotolisi del metano, e probabilmente anche da altri tipi di idrocarburi arrivati nella troposfera, sopra lo scudo di ozono e la conseguente produzione di vapore acqueo, è in grado di distruggere lo strato di ozono con estrema facilità.



Credit: Wikipedia.

Altra acqua può arrivare attraverso materiale microcometario dallo spazio esterno. Non sappiamo quale meccanismo tra questi sia il più importante, ma quasi certamente l’ordine è questo, e sappiamo che il vapore acqueo e i cristalli di ghiaccio sono altrettanto nocivi per lo strato di ozono quanto i meccanismi che li creano [6], quasi quanto il cloro e il bromo dei CFC rilasciati nell’atmosfera dalle attività umane fino alla loro messa al bando nel 1990 [7].

Un’altro evento deleterio per l’ozono che diventa ancora più instabile perché ostacola il suo ciclo naturale è il freddo.

Durante l’estate la mesosfera polare raggiunge i 110° K (-163 Celsius) perché è troppo sottile (un centomillesimo di bar) per trattenere il calore come gli strati più bassi, anzi il calore solare assorbito viene consumato per espandersi, e quindi raffreddarsi ancora di più. Un accentuato effetto serra limita la convezione del calore trattenuto dagli strati inferiori dell’atmosfera verso la stratosfera, col risultato che questa si raffredda molto di più a fronte dell’aumento della temperatura nella troposfera, alterando significativamente il ciclo di produzione dell’ozono.
Le conseguenze per l’equilibrio termodinamico dell’atmosfera sono tremende anche per la circolazione dei venti come li abbiamo conosciuti fino ad oggi.

Alcuni scienziati sono scettici che stia aumentando il metano nella mesosfera – e quindi il vapore acqueo – necessario alla produzione delle NLC, obbiettando che una maggiore presenza di vapore acqueo dovrebbe riflettersi nella formazione di cristalli più grandi e quindi di nubi più luminose.
A mio avviso sbagliano, le dimensioni dei cristalli di ghiaccio possono rimanere le stesse per i più disparati motivi legati alla particolare chimico-fisica ambientale, questo si tradurrebbe automaticamente con l’avere nubi molto più estese con la stessa solita luminosità.

In effetti è quello che si registra da quasi cinquant’anni: nonostante che il numero degli osservatori sia rimasto pressoché costante, un po’ tutti loro sono concordi di un aumento delle NLC segnalate [8], mentre anche le attività industriali fanno sempre più ricorso ai combustibili fossili e naturali.

Il buco nell’ozono artico

Comunque sia, il gemello del famigerato buco dell’ozono antartico adesso lo abbiamo anche noi sulle nostre teste [9], e non sono i CFC i responsabili, quanto potrebbe quasi sicuramente essere la nostra stessa tecnologia che fa largo uso degli idrocarburi: infatti se mettessimo sullo stesso grafico temporale la storia umana degli ultimi 200 anni e le nubi nottilucenti ci renderemo conto come siano apparse la prima volta all’inizio della cosiddetta seconda era industriale [10] e siano state presenti nei cieli polari quasi ininterrottamente fino ad oggi [11].



Conclusioni

Adesso è chiaro il collegamento tra l’esistenza delle NLC e il deterioramento dell’ozono stratosferico. Molto probabilmente il principale responsabile è il metano e in ultima istanza la dipendenza dai combustibili fossili e naturali (CFN) della nostra società.

Così scopriamo come i CFN non sono responsabili solo del Global Warming, ma anche del significativo deterioramento dello strato d’ozono che ci protegge dagli ultravioletti solari, con tutte le sue deleterie conseguenze, visto che va a incidere proprio sulle aree più densamente popolate e tecnologicamente avanzate del pianeta.

Ovviamente è improponibile un passo indietro nel progresso tecnologico, piuttosto è indispensabile un passo avanti per superare la dannosa dipendenza dai CFN verso forme energetiche sostenibili, rinnovabili e più efficienti.

Sono bastati sessant’anni di uso dei CFC per fare un danno ecologico senza precedenti e di questi 21 sono trascorsi tra accorgersi del problema e avviare una soluzione. Lo sforzo politico mondiale è stato notevole e nella giusta direzione.
Soprattutto ora in questa fase di crisi economica sarà più facile chiedere dei sacrifici nello stile di vita alla popolazione del pianeta, soprattutto poi se da questi tutti ne trarranno beneficio in termini di riduzione degli sprechi energetici e dell’inquinamento ambientale.

Ricordate il mio Punto Triplo dell’Umanità? Sta a noi decidere adesso con le nostre scelte e i nostri sacrifici se lasciare alle future generazioni un mondo pienamente vivibile o un mondo di caos senza più speranza.

Intanto è importante tenere d’occhio il fenomeno delle nubi nottilucenti anche dove – per ora – non sono state avvistate, non si sa mai … [12].

[1] Il fenomeno delle nubi nottilucenti è stato osservato anche a Venezia nel 2006.

[2] Il Crepuscolo Civile si ha quando il Sole supera i 6° sotto l’orizzonte. Prima di quel momento la luce diffusa dell’atmosfera permette di riconoscere gli oggetti e la linea dell’orizzonte.

[3] Il Crepuscolo Astronomico si ha quando il Sole è 18° sotto l’orizzonte ed esso non dà alcun contributo all’illuminazione del cielo.

[4] Questi sono i principali rischi per la salute umana e l’ecosistema terrestre: Key Findings of the Impact Assessment of Stratospheric Ozone: http://www.ciesin.org/docs/011-466/box1.html

[5] Una tabella delle reazioni chimiche nell’atmosfera è disponibile qui: http://www.atmos-chem-phys.org/4/2427/2004/acp-4-2427-2004-supplement.pdf

[6] The uptake of atomic oxygen on ice films: Implications for noctilucent clouds: http://pubs.rsc.org/en/Content/ArticleLanding/2003/CP/b305555h

[7] Nonostante che il loro uso sia stato sostanzialmente proibito e sospeso i clorofluorocarburi continuano ad essere ancora presenti nella stratosfera con tutto il loro potenzale dannoso.

[8] Essendo la presenza dei radicali liberi legata alla presenza della radiazione ultravioletta del Sole, le NLC rispecchiano il ciclo di attività undecennale solare, ma … sfalsato di un anno!

[9] Unprecedented Arctic ozone loss in 2011: http://www.nature.com/nature/journal/v478/n7370/full/nature10556.html

[10] L’Era Industriale moderna è nata tra il 1760 e il 1830 con le prime macchine azionate dal vapore che hanno progressivamente sostituito le fonti energetiche animali meno efficienti con macchine ad energia meccanica. La Seconda Era Industriale si è sviluppata tra il 1870 e il 1880 con l’introduzione dell’elettricità, dei prodotti chimici e del petrolio. Adesso saremmo nella Terza Era Industriale convenzionalmente iniziata nel 1970 con la diffusione elettronica di massa e l’informatica.

[11] Relation between increasing methane and the presence of ice clouds at the mesopause: http://www.nature.com/nature/journal/v338/n6215/abs/338490a0.html

[12] Altre immagini delle NLC sono disponibili qui: http://spaceweather.com/nlcs/gallery2011.htm

Pubblicato inizialmente su Il Poliedrico: http://ilpoliedrico.altervista.org/2011/11/le-nubi-nottilucenti-e-il-buco-nellozono-artico.html

Umberto